Leonardo

Fascicolo 13


in "Schermaglie"
Filosofia del XXVII del mese
di Giuliano il Sofista (Giuseppe Prezzolini)
pp. 27-28


p. 27


p. 28



   Io ho sempre creduto che le note fossero scritte pei libri, non i libri per le note; ma la mia ingenuità s'è dovuta smaliziare. Ci sono infatti libri scritti per le note: sono quelli dei filosofi italiani. Per costoro le note non sono aggiunte, puntelli, basi, ma invece la parte necessaria, il fine, il fastigio del libro.
   I filosofi italiani non scrivono per il guadagno, nè per la gloria, nè per la passione. I loro libri infatti non sono letti, le loro riviste non retribuiscono, e nelle loro pagine tecniche si sente, invece d'amore e di passione, lo sforzo e l'ansimare di chi ponza per dovere stitiche espressioni di indigesti banchetti.
   I filosofi italiani scrivono per lodare. Se nelle pagine si pigiano i barbarismi, nelle note si affollano le leccature; in alto c'è la noia, in basso si trova la viltà; sopra fa mostra di sè l'accademico in erba, sotto fa smorfie il lazzerone che chiede la mancia.
   Non siamo noi che lo diciamo, Il prof. Pareto, che per essere indipendente e fuori d'Italia può parlare, ha scritto nella Vita Internazionale del 20 luglio 1903: «Nelle democrazie moderne, anche più che sotto i governi passati, nulla si ottiene se non si fa parte di qualche setta.... Ciò vale non solo per la politica, ma anche per la scienza. Ad un mio conoscente che mi chiedeva come prepararsi a un concorso per una cattedra d'economia politica, raccomandai di non studiar troppo scientificamente la scienza, il che avrebbe fatto a lui palese gli errori gravissimi di chi doveva giudicare delle sue conoscenze, ed avrebbe quindi tolta quell' efficacia che viene dalla sincerità alle lodi che dei suoi giudici doveva fare. Fu buon consiglio e badando a lodare più che a studiare vinse il concorso». Ecco dunque la condizione del mondo scientifico e filosofico italiano; quello d'una serie di cricche e di camorre che bisogna propiziarsi con le lodi in fondo di pina, come un feticcio si propizia col sacrificio e con l'olocausto. Tutti lo sanno, nessuno osa dirlo. Non è molto tempo che un candidato a una cattedra ha fatto il giro di tutta Italia, per visitare e i colleghi concorrenti e gli esaminatori, per patteggiare con gli uni e fare scambio di protezioni, e propiziarsi gli altri. I pnottisti della filosofia non sono nè Spenceriani nè Kantiani, nè Hegeliani. Essi hanno ben altro signore. Uno straniero l'altro giorno mi chiedeva: «Ebbene qual'è il filosofo che ha più séguito in Italia?» — «Signore» gli risposi «nè Spencer, nè Kant, nè Hegel ma il XXVII del mese.»

P. S.   — Quello che io dico e dice il Pareto deve riferirsi anche alle altre attività intellettuali; come la filosofia, così c'è la chimica, l'antropologia, la letteratura del XXVII del mese.


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